Page 11 - Attualità Elettrotecnica 4 Maggio 2022
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  Fig 3: Banu Musà: automa
Il settecento
È in questo periodo che l’automazione assume un’accelerazione elevata. La stessa enciclope- dia di Diderot e D’Alambert cita tre automi realiz- zati da Jacques de Vaucanson: un flautista, un tamburino e un anatra digerente. Il flautista muoveva labbra e mani e suonava lo strumento. Il tamburino suonava un piffero e un tamburo. L’anatra digerente rappresentava proprio la fun- zione digestiva di un anatra. Anche in questo caso però si trattava di giocosa meraviglia. Non a caso i tre automi girarono varie corti d’Europa, con somma soddisfazione dei regnanti (e di Vaucanson). Nella seconda metà del ‘700 in Svizzera (non ci dobbiamo sorprendfer4e degli orologi svizzeri) Pierre e Henri Louis Jaquet- Droz (padre e figlio) realizzano vari automi. Il lo- ro “piccolo scrivano” scriveva su un foglio, intin- gendo una penna d’oca in un calamaio, un messaggio di qualche decina di lettere, grazie
ad un “programma” me- morizzato su un disco me- tallico. La loro “suonatrice” suonava su un organo va- rie melodie e seguiva le di- ta con gli occhi. Anche qui veniva usato un disco con un programma. Il loro “di- segnatore” realizzava vari disegni a matita. Non rima- nevano indietro però paesi come la Gran Bretagna o l’Austria. Il primo museo degli automi viene aperto nel 1772 proprio a Londra, mentre in Austria l’impera- trice Maria Teresa diede l’incarico al barone von Kempelen per la costruzio- ne di un automa. Von Kem- pelen realizza “il Turco”, un giocatore di scacchi, che riuscì a vincere alcune par- tite (non difficili) con gli astanti. Siamo nel 1770.
“Il Turco” girò l’Europa con un certo successo (e qualche accusa di truc- co) sino al 1820, quando riuscì a vincere
Charles Babbage in una partita a scacchi. Babbage riteneva che ci fosse un trucco, ma non è detto che tale esperienza non gli sia servita negli studi che lo hanno reso famoso. Il Turco finì negli Stati Uniti do- ve venne distrutto durante un incendio nel 1854. In re- altà il trucco c’era: uno scacchista celato nelle cas- se degli ingranaggi. Ma i meccanismi di funziona- mento erano comunque un prodigio dell’automazione dei tempi. È il periodo della rivoluzione industriale che offre nuove opportunità al- l’automazione. E dall’’800 in poi, in particolare con l’av- vento dell’elettricità, il settore
 Fig.4: L’anatra di De Vaucanson
L’automazione ritorna in auge alla fine del ‘400 grazie a Leonardo da Vinci che progetta un automa cavaliere e un leone semovente. De- stando la meraviglia dei contemporanei. Nella stessa epoca vengono prodotti soldatini mec- canici mobili da Giovanni Torriano per l’impe- ratore Carlo V. E nasce in questo periodo, pre- cisamente nel 1564, l’aspetto dell’automazio- ne dedicato alla chirurgia. Ambroise Paré (1564) progetta una mano meccanica da de- stinare a protesi. E, sempre nello steso perio- do, Bernardino Baldi scrive “Di Herone Ales- sandrino de gli Automati, ovvero Macchine semoventi”. Nasce quindi nel 1500 il maggior interesse per questo tema. E si progettano automi idraulici in Francia e in Germania.
O orologi, spesso esportati in Cina e in Giap- pone, luoghi dove tale argomento venne poi portato avanti autonomamente. E usato anche nella realizzazione di manifestazioni teatrali. Va detto però che in genere, in particolare in Cina e per gli orologi, tali “oggetti”, più che per la loro utilità pratica, erano monto considerati come “giochi” da osservare con meraviglia.
Fig. 5: Ambroise Parè, mano meccanica
fa passi da gigante. Il primo robot (con l’elettrici- tà) destinato a usi industriali fu realizzato nel 1892 da Seward Babbit e serviva per prendere dei lingotti da una fornace. Lo stesso termine Robot è abbastanza recente. Fu sostanzial- mente inventato da Kartel Capek nel 12920, che lo utilizzò nella sua opera I robot universali di Rossum, prendendo il termine dalla lingua ceca dove robota significa lavoro manuale for- zato. Dovremmo continuare, citando ad esem- pio le leggi di Asimov che precisano ciò che non può o che può fare un robot e che a grandi linee rappresentano proprio la “morale” per il funzionamento dei robot industriali.
Ma questa è un’altra storia, che contraddice il titolo dell’articolo (senza elettricità), e quindi ci fermiamo, mantenendo noi comunque la meraviglia alla vista di cosa possono fare og- gi i robot, meraviglia analoga a quella che mostravano nostri progenitori osservando gli strani meccanismi dei loro tempi.
 attualità elettrotecnica - maggio 2022 - numero 4
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Fig. 6: Il Turco di von Kempelen




















































































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