Page 10 - Attualità Elettrotecnica Settembre 2020
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chi ha paura
degli elettrodotti?
Nell’intento di vincere l’avversione istintiva della gente comune per le line aeree di trasmissione ad alta tensione, i progettisti cercano di dare ai sostegni forme nuove accattivanti e rassicuranti
di Umberto Cosmai
Le linee aeree ad alta tensione, utilizzate per la trasmissione della energia elettri- ca, sono le infrastrutture moderne me-
no gradite alla popolazione. Le ragioni sono diverse: dalla paura per quel fluido invisibile e misterioso che percorre i fili metallici, al- l’occupazione del territorio con intralcio alle colture e impatto negativo sul paesaggio che, in Italia, ha spesso un elevato valore estetico e culturale, e non ultima infine, ai ri- schi di collisione per gli uccelli e i velivoli leggeri di servizio o da diporto. Tuttavia, ciò che inquieta maggiormente chi si viene a trovare nelle vicinanze di un elettrodotto, specialmente in presenza di elevata umidita, è la percezione acustica, strumentale e al buio anche visiva, di un’attività elettrica im- ponderabile che si irradia nello spazio e si manifesta con ronzii, crepitii associati ad
tozzi e sgraziati con men- sole enormi che inquieta- no perché paiono le ali di un aereo in procinto di at- terrare sulle nostre teste. So che questa passione, che deriva da tanti anni di lavoro su e per gli elettro- dotti, non è generalmente condivisa. Devo ammette- re che, alla vista di un nuo- vo paesaggio, la mia de- formazione professionale mi porta, almeno inizial- mente, a focalizzare l’at- tenzione su un eventuale elettrodotto presente e a leggerne le caratteristi- che, cioè a indovinare la tensione di esercizio con- tando gli isolatori, a stabili- re il numero dei circuiti, il tipo di corrente trasmessa, la presenza di ammortiz- zatori delle vibrazioni ecc.
Eppure, sono convinto
  L’attraversamento elettrico dello stretto di Messina costruito nel 1955 e messo fuori servizio nel 1994
una irregolare luminescenza blu- violacea, e con disturbi alle tra- smissioni radiofoniche. Si tratta del cosiddetto “effetto corona” che produce una miriade di piccole scariche elettriche intorno ai con- duttori.
La parte più vistosa delle linee è rappresentata dai sostegni, gene- ralmente a traliccio, che sono visti come elementi di disturbo dell’ar- monia paesaggistica, paradossal- mente ancor più di un imponente viadotto o di un brutto campanile o di un ingombrante serbatoio pensi- le d’acquedotto.
Invece, a me i tralicci, specialmen- te quelli italiani, piacciono, perché, anche in questo settore, come in tanti altri settori del design indu- striale, il nostro stile è eccellente;
all’estero ne ho visti anche di brutti,
che, a prescindere dai miei discutibili gusti, queste strutture abbia- no una loro valenza estetica: per esempio, la Tour Eiffel non è forse un enorme traliccio? E che dire delle due bellissime (per me) torri, alte 232 m, del dismesso attraversamento elettrico delle stretto di Messina, erette nel 1955, che, anche dopo la rimozione dei con- duttori (1994), sono rimaste in loco, come monumento alla moderna ingegneria italiana (sono state ideate e costruite dalla Società Anonima di Elettrificazione, SAE, di Milano), e ormai elementi abituali di un paesaggio peraltro affascinante, sentinelle dello Stretto, monito ai naviganti che proprio lì i mostri mi- tologici Scilla e Cariddi fanno ancora vorti-
care le acque del mare.
Dagli anni ‘50
Nella prima metà del secolo scorso, gli elet- trodotti non erano considerati sotto l’aspetto estetico, cioè non erano giudicati né belli né brutti, ma semplicemente elementi strutturali necessari per ottenere l’energia elettrica,
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attualità elettrotecnica - settembre 2020 - numero 7
Vignetta che ironizza sulla paura degli elettrodotti















































































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