Attualità Elettrotecnica, il mensile di informazione per installatori, progettisti, rivenditori. - page 10

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lettrotecnica - settembre
2013
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certi gradi di debolezza ha bisogno poi di assistenza sociale, medica, di
qualcuno che gli faccia la spesa e gliela porti a casa. Ed è qui che si co-
minciano ad organizzare delle risposte in termini di servizio, proprio gra-
zie all’adozione dei sistemi elettronici.
Dal punto di vista tecnologico, è gia stato detto, possiamo fare ragione-
volmente tutto, ma abbiamo ancora due compiti importantissimi da svol-
gere: il primo è utilizzare questo fattore abilitante tecnologico per svilup-
pare e supportare un ecosistema di servizi resi alla persona e alla casa,
e ciò potrebbe essere una interessante opportunità economica per gio-
vani che vogliano inventarsi nuove professioni o per aziende che voles-
sero arricchire di valore le proprie proposte; l’altro aspetto è quello di de-
finire e realizzare e organizzare il mondo virtuale pubblico e aperto, che
organizzi le estensioni digitali delle persone e delle cose. Mi spiego me-
glio: non ne abbiamo ancora la piena consapevolezza, ma si sta crean-
do un’ estensione informatica della nostra persona, o della nostra casa,
verso il mondo esterno, che chiamerei il nostro avatar digitale. Ad esem-
pio, la nostra cartella clinica è un’estensione della nostra identità in for-
ma di dati accessibili a noi o, dietro nostro permesso, ad altri. E’ una par-
te di noi, anche se ci descrive in una forma virtuale diversa dalla nostro
aspetto fisico. Lo stesso vale per le cose, pensiamo ad esempio al cata-
sto come estensione digitale della casa. Queste rappresentazioni si
stanno moltiplicando e collegando, venendo a costituire un mondo so-
ciale, digitale che deve rimanere aperto, di libero accesso, gratuito. E
che deve essere visto e difeso, oltre che come una necessità e un dirit-
to del cittadino, come bene pubblico. Questo mondo deve essere orga-
nizzato pubblicamente dal legislatore e reso accessibile a chiunque, sia
esso un utente, ad esempio nel caso di anziano o disabile, o un presta-
tore di servizio, per accedere ai dati che gli consentano di espletare la
sua funzione, ovviamente previa autorizzazione e contratto con il pro-
prietario dei dati e fruitore del servizio. La domotica, da questo punto di
vista, con i suoi sensori, apparati di comunicazione, di sicurezza, di au-
tomazione, di rilevazione, è un fortissimo fattore abilitante. Per l’aspetto
puramente tecnologico e installativo, le soluzioni di mercato ci sono già.
Stefano Dionigi, Gewiss
Vorrei affrontare il discorso
della domotica sociale ana-
lizzandolo da differenti punti
di vista: sociale, tecnologico
e di mercato.
Con riferimento al primo pun-
to, i dati Istat ci dicono che
tra 25 anni gli ultrasessanta-
cinquenni raddoppieranno e
tra 50 gli ultra novantenni
passeranno da 500.000 a 2
milioni. I numeri preventivati
da Istat evidenziano un pro-
blema che non potrà essere
risolto solo dalle strutture
pubbliche e dalle residenze
dedicate attualmente esi-
stenti, ma dovrà cambiare il
modello di gestione dell’assi-
stenza: dovrà aumentare il
numero delle case di cura e, altrettanto indubbiamente, sarà necessario
intervenire sul fronte della casa per poter aumentare l’autonomia degli
anziani, ovvero la possibilità di permanenza in casa delle persone, gra-
zie ad adeguate soluzioni tecnologiche. Le principali soluzioni che sono
state identificate sono la telemedicina, sul fronte dell’assistenza medica,
e l’automazione delle funzioni della casa, ovvero la domotica, sul fronte
della gestione della stessa. Giusto per citare due esempi: il riarmo auto-
matico del centralino in caso di scatto tempestivo, la motorizzazione dei
serramenti o la gestione automatica delle luci possono essere conside-
rati comfort per i normodotati ma per i soggetti deboli sono sinonimo di
sicurezza, funzionalità e ausilio. Tutto ciò permette di evidenziare l’im-
portanza della domotica e delle soluzioni che essa può offrire e il fatto
che tra poco risulterà ancor più evidente che questa tecnologia è un’esi-
genza specifica e non un semplice “plus”.
Il punto di vista tecnologico ci aiuta a comprendere meglio che cosa si
può intendere per domotica ad uso sociale, ovvero l’applicazione di
questa tecnologia a supporto delle esigenze di disabili ed anziani. In tal
senso può venire in aiuto il concetto emergente di “design for all” (o “uni-
versal design”) ossia la realizzazione di prodotti, ambienti ed edifici che
di per sé sono accessibili ad ogni categoria di persone, con o senza di-
sabilità. In che senso la domotica può fare riferimento a questo concet-
to? La domotica è già una tecnologia che, grazie alla sua intrinseca fles-
sibilità, può essere “ritagliata” (progettata) sulla misura delle esigenze
specifiche della persona che abita la casa. Nella domotica ad uso socia-
le viene implementata la personalizzazione dell’ambiente in relazione al-
le specifiche esigenze dell’anziano o del disabile, andando a scegliere
le funzioni che più si addicono alla singola persona - consideriamo il ca-
so di un ipoacusico: le segnalazioni acustiche come i campanelli do-
vranno essere sostituite con segnalazioni visive. Pertanto la tecnologia
ed i prodotti utilizzati sono gli stessi delle case “normali” ma bisogna es-
sere in grado ancor più di scegliere quelle funzioni particolari che ri-
spondono in maniera mirata alle esigenze della specifica disabilità.
Rientra allora un altro tema fondamentale: la progettazione, che richiede
non solo una specifica competenza tecnica ma anche una profonda co-
noscenza degli aspetti in diretta correlazione alle abilità (talvolta abilità
residue) della persona che abiterà quell’ambiente. Nella personalizza-
zione per il disabile si deve fare riferimento, in aggiunta, alle interfacce,
ovvero a quegli ausili che permettono alla persona di sfruttare le proprie
capacità residue per poter comandare la casa (che come abbiamo cita-
to prima tecnologicamente non varia rispetto ad una casa “normalmen-
te” domotica”). Queste interfacce sono gli unici dispositivi legati alla
specifica tipologia di disabilità - ad esempio il telecomando che “tradu-
ce” il soffio di un paziente in un’azione desiderata o il sensore che legge
il movimento delle ciglia e lo traduce in un impulso di gestione. Normal-
mente questi prodotti non sono a catalogo delle aziende del settore elet-
trico, ma sono comunque facilmente reperibili e vanno necessariamente
tarati sulle capacità di ogni singolo individuo.
Rispetto all’ultimo punto, che in introduzione ho definito “di mercato”, si
è già accennato alla percezione diffusa che il consumatore, e spesso
anche il professionista, hanno della domotica quale soluzione tecnologi-
ca di lusso, legata ad effetti speciali e quindi costosa. Essa viene perce-
pita troppo spesso come poco utile e non necessaria.
Evidenziare le possibilità offerte dalla domotica ad uso sociale permette
di ampliare nel consumatore la conoscenza delle funzioni che si posso-
no richiedere ad un impianto elettrico evoluto, e pertanto dei vantaggi,
ancora poco conosciuti, offerti dalla domotica. Di conseguenza intervie-
ne ad aumentare la percezione di utilità (e pertanto di valore) che il con-
sumatore normalmente assegna all’impianto elettrico, giustificando
l’eventuale costo aggiuntivo. Sul tema si evidenziano dei limiti, uno dei
quali è quello della competenza: l’installatore e il progettista non sono
ancora abituati a scegliere e a consigliare tecnologie di questo tipo e
propongono ancora troppo spesso tecnologie tradizionali. Un primo
obiettivo che ci dobbiamo porre come filiera è quello di invertire questa
tavola rotonda
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