mercoledì , 16 Ottobre 2024
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Le “scartoffie” della sicurezza

seconda parte

1013-06 – Come anticipato al termine dell’articolo precedente per qualificare le autocertificazioni previste dalla legge sulla sicurezza del condominio è opportuno tornare all’origine della questione

Scartoffia per antonomasia
Per capire dove si va a finire quando gli indizi sono negativi è opportuno tornare al punto di partenza per individuare, esaminando criticamente il succedersi degli eventi, i motivi per i quali non si può essere ottimisti. Solo così si potrà capire se le carte della sicurezza elettrica sono documentazioni attendibili,oltre che utili o se, invece, sono solo delle scartoffie. Soprattutto nell’ambito civile dove l’esempio più eclatante è costituito dalla dichiarazione di conformità. Al riguardo espongo un caso emblematico. Alcuni anni fa venni interpellato da una persona che non riusciva ad avere la dichiarazione di conformità dall’installatore per quanto i lavori fossero terminati. Entrando nel merito scoprii che alla base di tutto vi era un accordo tra il progettista professionista – un architetto – e l’installatore basato sul patto “io do una cosa a te (il lavoro) a tu dai una cosa a me (la documentazione progettuale che poi io firmo come progettista)”. Purtroppo per lui, l’architetto non ha tenuto conto che, normalmente, gli installatori, una volta che hanno terminato il lavoro quasi sempre pensano immediatamente al successivo; per cui non vogliono perdere tempo per documentare quello appena fatto. Quindi è per questo che al pseudo progettista non è arrivato nessun foglio che lui potesse firmare per poi restituirlo –semmai corredato da inutili fotocopie da effetto speciale – come progetto da allegarealla dichiarazione di conformità. Dal che la sua mancata consegna.

Abusivismo nella progettazione e non solo
L’esposizione di questo avvenimento mi fa ricordare che durante il dibattito iniziale, oltremodo intenso, sulla legge n. 46/90 (quando venne corredata, anche con il mio contributo, dall’essenziale regolamento: il D.P.R. 447) dichiarai più volte che, in realtà, erano due gli abusivismi che questa legge doveva debellare.Quello ufficiale che a quel tempo affliggeva l’installazione – dal che i requisiti professionali– e quello mai denunciato ma diffuso dell’ abusivismo intellettuale perpetrato da quei progettisti che si occupavano di impianti pur non sapendone nulla in quanto non erano trattati nei loro corsi di laurea. Consentito loro dalle vecchie leggi costitutive degli ordini.Tra costoro si annoverano pochissimi ingegneri civili e moltissimi architetti. Ora le cose sono cambiate poiché solo gli ingegneri industriali possono farlo; ma gli effetti di questa limitazione si vedranno tra qualche anno.Comunque a fronte di un abusivismo intellettuale che diminuirà nella progettazione vi è il rischio che se ne determini un altro negli ambiti delle verifiche, delle certificazione e di altri adempimenti tecnico burocratici per motivi che vedremo in prossimi articoli. Anticipo che alla base vi è il malinteso che il progettista,svolgendo questi compiti, si troverebbe in conflitto di interesse poiché potrebbe –eventualità assai remota e comunque evitabilissima a fronte di una precisa regolamentazione– intervenire sugli impianti da lui progettati.Ma siccome questo spazio operativo deve essere occupato è assai probabile chetali compiti vengano svolti da persone prive di quelle indispensabili competenze di base che solo il progettista possiede. Per cui può accadere che quanto da loro redatto sia da annoverare tra le scartoffie. E, siccome questi adempimenti gravano sulle tasche dei cittadini,costoro, cominciando a rendersene conto, diventano ostili anche nei confronti di quelli giusti.

Si può cambiare?
A questo punto, considerato che il tutto è iniziato nel 1990 ed oggi siamo prossimi al 2014, viene da chiedersi se le cose nel tempo sono migliorate. E soprattutto se le nuove generazioni degli installatori hanno comportamenti più virtuosi. Personalmente – ma i casi in cui mi sono imbattuto non sono in numero tale da essere probanti – nutro qualche dubbio circa la dichiarazione di conformità.Per quanto ne so i mezzi informatici di compilazione hanno migliorato solo la forma. In pratica questa dichiarazione si presenta bene ma di sostanza ce ne è ben poca. Ciò nonostante sono moderatamente fiducioso poiché le cose sembrano cambiare. Intanto il decreto n. 36/2008 qualche paletto l’ha messo.E lo dico io che l’ho fortemente criticato quando era ancora in gestazione poiché peroravo una legge – di cui avevo depositato il testo al ministero – che sarebbe stata molto più completa di quel decreto. Poi vi è la classificazione a tre livelli degli impianti domesticiche sta incidendo sul comportamento degli installatori ai fini della qualità degli impianti.Nel contempo va chiarito che quanto denunciato non necessariamente riduce l’effettivo livello di sicurezza degli impianti realizzati in questi 24 anni. Infatti, il loro mestiere gli installatori lo sanno fare ed i prodotti ed i componenti di impianti sono tutti di qualità.Però vi sono tanti impianti antecedenti al 1990. E per questi la sicurezza non è garantitane per chi abita negli appartamenti, ne per condominio.

Dichiarazione del proprietario
Ed è proprio per tali motivi che nella nuova legge che ne regola l’amministrazione si è affrontato questo aspetto. Ma nel numero precedente ho descritto la situazione assai confusa che vi si sta creando.Al punto tale che un importante associazione di amministratori di condominio ha scelto una strada assai ambigua peraltro contestata, e quindi non percorsa, da suoi stessi associati;molti o pochi che siano non lo so.Siccome il risultato sembra essere quello di scaricare tutto sui condomini è opportuno sensibilizzarli affinché comprendano che qualora il loro impianto elettrico piuttosto che del gas non sia adeguato tale situazione è pericolosa per tutta la famiglia e per i suoi vicini di casa poiché un incendio per corto circuito piuttosto che un’esplosione per fuga di gas oltre alla sua abitazione coinvolgerà anche il condominio. E se ciò dovesse accadere sarebbe molto grave la sua responsabilità poiché è dal 1990 – data di promulgazione della legge 46 – che vi è l’obbligo di adeguamento degli impianti. Ed è da qui che ripartiremo sul prossimo articolo.