0114-06 – Da tempo è un proliferare di convegni sulle smart city. L’ultimo in ordine di tempo, è quello dell’ANIE sulla loro progettazione che è stato puntuale, concreto e propositivo
Ambito molto vasto
Per comprendere la vastità e pluralità dell’ambito generale delle Smart City basta consultare quelli particolari contenuti nel Decreto Direttoriale del 5/7/2012 del MIUR che sono: Sicurezza del territorio; invecchiamento della società; tecnologie Welfare e inclusione; domotica; giustizia; scuola; waste management; tecnologie del mare; salute; trasporti e mobilità; logistica last-mile; smart grids; architettura sostenibile e materiali; cultural heritage; gestione risorse idriche; cloud computing technologies per smart government. Quelli di mio interesse sono in corsivo poiché attengono al sociale. Comunque, avendo tutti attinenza con il settore elettrico, la smart city non può non essere al centro della sua attenzione. Il convegno ANIE è stato un importante passo in avanti. Naturalmente per conoscere meglio la Smart City sono andato ad altri convegni ed ho fatto ricerche sulla rete e sulla stampa apprendendo di tante iniziative ma riscontrando in tutte una clamorosa mancanza. Per semplificare richiamo un mio breve intervento in un convegno con relatori di prestigio a cui ho chiesto come fa una città ad essere intelligente se gli edifici sono ignoranti. Costoro mi hanno risposto che, come relatori, erano stati coinvolti per trattare dei temi specifici e non questo, ma che, comunque, condividevano la mia osservazione, ritenendo questo aspetto fondamentale. Quant’anche inevaso per le motivazioni sintetizzabili nell’auspicio – che faccio sempre – che cambi la concezione dell’abitare e quindi delle modalità di progettare e costruire le abitazioni. In parole povere bisogna uscire dalla logica dei palazzinari e dei costruttori edili.
Progetto “ Casa Attiva”
Per favorire ciò opero concretamente con un progetto iniziato nel 2002 – ampiamente illustrato su questa rivista – nell’ambito dell’uso sociale della domotica. Volendolo qui sintetizzare, mi avvalgo di tre vignette che, a mio avviso, rappresentano tre punti cardine del progetto. Due già pubblicate ed una nuova che collega la casa intelligente alla città intelligente. Prima di farlo preciso che il mio percorso verso la smart city è iniziato nel 2002 quando questo argomento non era conosciuto. In particolar modo dal convegno intitolato “Dalla casa intelligente alla casa assistente” e, più specificatamente, dal primo intervento dal titolo “Domotica, robotica e urbotica” del Prof. Somalvico che è uno dei padri dell’automazione, prematuramente scomparso. In quell’anno, su sollecitazione del Prof. Antonio Guidi – a quel tempo Sottosegretario al Ministero della salute – partì un’iniziativa informativa denominata Progetto “Dimensione Casa” che- dopo qualche anno – diventò Progetto “Casa Attiva” finalizzato alla realizzazione di un modello di casa presso il Polo Tecnico di Treviglio, che è giunto alla sua realizzazione nella versione base, definita “protodomotica”. Circa la sua denominazione essa è spiegata dalla seguente vignetta tratta dalla copertina di un saggio che descrive quanto avvenuto dal 2002 al 2005. Mentre la sua effettiva realizzazione è terminata nel 2012 nella sua doppia accezione di “cantiere & laboratorio”; per cui è già pronta a svolgere le funzioni di formazione professionale e di ricerca soprattutto nel rapporto domotica e robotica al servizio della persona. Formazione rivolta sia agli addetti ai lavori quanto, e soprattutto, ai fruitori – in particolare quelli sopra rappresentati – affinché vengano preparati per avere una vita la più autonoma possibile.
Città attiva
Per cui, tornando all’intervento del Prof. Somalvico, siccome nel progetto accanto alla domotica comincia a comparire la robotica così come la intendeva lui, si rende necessario cominciare a pensare all’urbotica, cioè alla smart city. Per attestare ciò ricorro a questa nuova vignetta che illustra il prossimo obiettivo mentre si sta progressivamente realizzando il primo. Nel contempo diventa di attualità l’esigenza di formare i cittadini – in particolare chi ha disabilità – affinché anch’essi possano fruire dei servizi forniti. Cittadini che si identificano con i “smart people”, richiamati nel convegno ANIE. Ma anche di questo si è già tenuto conto come attestano le finalità sopra esposte attribuite al modello di casa domotica e da questa vignetta pubblicata giusto un anno fa sulla rivista che accompagna la proposta di un patto generazione per l’automazione intesa come opportunità per i giovani e sostegno per gli anziani e disabili. Patto che è proiettato nel 2030 – anno simbolo – che per essere attuato impone, oggi, un’adeguata formazione. Nel terminare questo articolo riassuntivo riconosco che chi lo sta leggendo, ricordando i due precedenti, è legittimato ad accusarmi di andare di “palo in frasca” considerato che entrambi sono restati in sospeso. A mia discolpa affermo che avere edifici con impianti sicuri – che è l’argomento del secondo – è una condizione irrinunciabile nella smart city mentre trattare l’automazione come ambito privilegiato per le figure professionali elettriche – che è l’oggetto del primo – ne avvalora l’importanza.